solarium_1-bSolarium, centri estetici. Tutto fa comodo per prepararsi all’abbronzatura estiva. Ma quanto costa avere la pelle nera? Fin dalla nascita, avvenuta più di vent’anni fa, lettini e docce solari, lampade tri e bifacciali, sono stati accompagnati da voci favorevoli e contrarie al loro utilizzo. Il fronte dei no, tuttavia, ultimamente si è fatto via via più consistente, scatenando un vero e proprio allarme sui rischi che un’esposizione senza cautele e troppo prolungata ai raggi artificiali Uva e Uvb delle lampade, può provocare. Particolare scalpore hanno suscitato le recenti analisi condotte dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) e pubblicate sull’International Journal of Cancer, che ha valutato il rapporto tra lettini solari e rischio melanoma. Il risultato è preoccupante: l’uso delle lampade abbronzanti prima dei 35 anni aumenterebbe del 75% il rischio di sviluppare tumori maligni della pelle. “No ad atteggiamenti superficiali” “Non è la prima volta che i lettini solari vengono accusati di essere cancerogeni”, ci dice il professor Piergiacomo Calzovara Pinton, direttore della Clinica dermatologica dell’Università di Brescia. “Il rischio vale per tutti, ma è chiaramente più alto per soggetti geneticamente predisposti”. Particolare attenzione dovrebbero prestare, quindi, le persone che hanno molti nei, o quelle con un fototipo molto chiaro, rosso o biondo, o ancora coloro che hanno familiarità al melanoma o che mostrano segni di fotoinvecchiamento come pelle secca e piena di rughe, macchie, cuperose, rugosità intorno alla zona oculare e arrossamenti. Nessuno però deve sentirsi al sicuro. Anzi, rimarca Calzavara Pinton, “quello che più preoccupa è che molte persone assumono un atteggiamento superficiale nei confronti dei lettini solari. Cercare di assumere il più velocemente possibile un colorito scuro è oggi la mentalità diffusa, ma aumenta incredibilmente i rischi per la salute”. La pigmentazione che si ottiene esponendosi ai raggi Uva delle lampade, più pericolosi rispetto agli Uvb perchè più potenti, e con una capacità di danno al Dna superiore ed effetti collaterali a lungo termine più gravi, non corrisponde all’abbronzatura che si ottiene con un’esposizione graduale e protetta alla luce naturale. “Il pigmento, infatti, si distribuisce all’esterno delle cellule nel caso delle lampade, donando un effetto abbronzante che è solo una bruciatura”. Per evitare inutili rischi, il consiglio è di ridurre i tempi di esposizione e gli appuntamenti al solarium, che non devono superare le 10-15 volte l’anno. Una visita dal dermatologo prima di esporsi a qualsiasi tipo di raggio, solare o artificiale, è poi condizione necessaria di partenza. La normativa europea e le novità L’atteggiamento di cautela è condiviso anche da Roberto Papa, segretario nazionale di Confestetica, che non boccia i lettini solari e smorza i toni allarmistici, ma neanche sottovaluta il rischio legato a un uso non controllato di questi apparecchi. Specie se fuori norma. Spiega Papa: “In tutta Europa, la normativa Cei-En 60335-2-27 ha introdotto dal 23 luglio 2007 nuovi limiti di emissione, pari a 0,3 W/mq, che equivale a una capacità abbronzante uguale a quella del sole, al livello del mare, in una giornata tersa, all’altezza dell’equatore. Molte vecchie lampade sono state sostituite con i nuovi modelli, ma non tutte sono state ritirate dal commercio”. A questa negligenza, secondo Papa, si aggiunge che “i clienti si affidano, molte volte, a personale non specializzato, che gestisce i solarium senza titolo; e che i controlli delle Asl, in tal senso, sono pochi e si limitano alla verifica dei documenti del gestore: manuale di uso e manutenzione, etichetta con numero di matricola e marchio Ce sul solarium, avvertenze per il consumatore esposte in cabine e conformità di irradianza”, non monitorando invece i casi in cui le porte delle docce si spalancano senza criterio a ragazzi bianchissimi, senza occhialini protettivi e senza criteri precauzionali. Per cambiare passo è in attesa di discussione alla Camera la proposta di legge 3116 che prevede l’istituzione della figura del “tecnico dell’abbronzatura”, in grado di offrire un’assistenza specializzata: dalla manutenzione delle macchine ai controlli dell’irradiazione, dalla valutazione del fototipo di appartenenza del cliente, al tempo di esposizione ai raggi. “Senza contare la lotta di Confestetica, in accordo con il Codacons, per creare una Carta dei servizi che, tra l’altro, vieti l’accesso ai solarium ai minori di 18 anni”, sottolinea Papa. Battaglia già vinta da molti paesi europei, primo fra tutti l’Inghilterra, e ancora tutta da giocare nel Belpaese. Pro e contro della pillola “abbronzante” Prevenire eritemi solari e scottature. Preparare la pelle all’esposizione solare. Un tempo si diceva bastasse un’alimentazione ricca di frutta e verdura, ottimi contenitori di vitamine, C, A e D in particolare, o bere estratti di tè verde. Oggi, invece, c’è il boom degli integratori. Piccole pasticche da prendere una volta al giorno, cominciando il trattamento almeno un mese prima di andare al mare. I banchi erboristici e farmaceutici sono colmi di ogni tipo di prodotto, per lo più a base di betacarotene, pubblicizzato come responsabile di un’abbronzatura rapida e uniforme. Ma è realmente così? “Il beta-carotene è un pigmento arancione contenuto in molte varietà di frutta e verdura a cui conferisce un colore che varia dal giallo al rosso; è un precursore della vitamina A e si accumula nella parte grassa dell’organismo”, ci spiega Laura Rossi, ricercatrice e nutrizionista dell’Inran, l’Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti. “Non favorisce l’abbronzatura, di cui la sola responsabile è la melanina. Il colore arancio che la pelle assume è sintomo di tossicità, significa che stiamo ingerendo troppo betacarotene”. È vero che la sua azione antiossidante protegge dai tumori, dalle malattie cardiovascolari e dall’invecchiamento? Numerosi studi hanno confermato che un’alimentazione ricca di frutta e verdura è in grado di offrire un certo grado di protezione nei confronti delle malattie cardiovascolari e di alcuni tipi di tumore. Le sostanze antiossidanti, infatti, avrebbero la capacità di neutralizzare almeno in parte i radicali liberi. Purtroppo, gli studi condotti non sono stati in grado di dimostrare che una simile protezione possa essere ottenuta anche assumendo supplementi di betacarotene. Nessun beneficio e nessun rischio? Il beneficio è una pelle più sana e levigata, niente di più. Gli integratori a base di betacarotene non forniscono alcuna protezione nei confronti delle radiazioni ultraviolette: il fatto che la pelle sembri abbronzata non deve esimere dall’utilizzo di appropriati filtri solari e da un’esposizione moderata e non nelle ore più calde. D’altra parte, però, nessun rischio è stato accertato, anche se secondo alcuni sembra addirittura che un sovradosaggio di beta-carotene possa essere dannoso nei fumatori, soggetti a rischio di tumore al polmone. Alla luce delle conoscenze attuali, tuttavia, è opportuno assumere betacarotene in dosi moderate e con la consapevolezza che non è uno scudo per i raggi Uv, né un coadiuvante dell’abbronzatura. Quando diventa una dipendenza Schiavi della tintarella. Mai sufficientemente abbronzati e sempre puntuali all’appuntamento settimanale, o addirittura bisettimanale, con il lettino solare. È una vera e propria dipendenza, paragonabile a quella dalle droghe o dall’alcol, da internet o dal gioco d’azzardo. Il termine è già stato coniato: tanoressia, malati dell’abbronzatura, appunto, angosciati dallo spettro della pelle di luna. A sostenere la tesi della nascita di questa nuova patologia psicologica è uno studio americano, apparso sull’ultimo numero della rivista Archives of Dermatology, condotto congiuntamente dal dipartimento di Psichiatria e Scienze del Comportamento di New York e dal dipartimento di Psicologia dell’Università di Albany. Prima di valutare se si è già stati contagiati dal bisogno spasmodico del colorito ambrato, però, è meglio approfondire la portata reale di questa minaccia. “Ci vuole cautela”, commenta la dottoressa Mariella Orsi, sociologa del Cesda, Centro studi, ricerca e documentazione dipendenze. “Questi studi sono solo al principio, non è saggio allarmare e decretare la nascita di una vera e propria forma di dipendenza. È preferibile parlare di casi di compulsione che si manifestano sia nei giovani che negli adulti e che possono essere paragonati ad altre manie, tuttora allo studio, dei nostri giorni, come l’uso smodato di internet, dei giochi elettronici o l’abitudine al gratta e vinci e al gioco del lotto”. Nonostante sia prematuro parlare di tanoressia, paragonandola a forme gravi e accertate di dipendenza, la dottoressa Orsi ritiene comunque necessario non abbassare la guardia: “Che ci sia una scarsa attenzione ai rischi che un uso spregiudicato delle lampade solari comporta è una realtà ormai accertata: l’allarme lanciato dai dermatologi sull’aumento delle probabilità di sviluppare melanomi non deve cadere nel vuoto. Passare il limite per vedersi più belli o sentirsi a posto con se stessi significa mettere a rischio la propria salute, in questo come in altri campi. Penso alla chirurgia estetica in primis, ma anche allo shopping compulsivo o all’uso di droghe, fino ad arrivare ai disturbi del cibo, sempre più diffusi nella nostra società”.