ARISA | ESTETISTA CANTANTE lunedì 23 marzo 2009
di Giancarlo Perna

La vincitrice di Sanremo giovani scommette su di sé: "Ho aspettato 26 anni, ora voglio battere il ferro finché è caldo". Modelli e idoli? "Non amo i miti ma le persone che si sono fatte da loro"

Appena arriva all’appuntamento con un quarto d’ora di ritardo, Arisa mi prende con calore la mano con due mani, schiude la bocca rosso ciliegia di Ravenna e dice: «Mi dispiace averle fatto perdere del tempo che poteva usare per fare altre cose per lei importanti». Poi mi presenta l’accompagnatore, un magro barbatino. È il fidanzato, Giuseppe Anastasi, autore di Sincerità, la canzone con cui ha vinto a Sanremo. Il giovanotto esce e chiude dietro di sé la porta. Restiamo io, Arisa e la silente Giulia, l’addetta della Warner, la casa discografica che ci ospita.

«Ora mi descriva esattamente il suo look di oggi. Non vorrei sbagliare i termini», dico a Rosalba Pippa, vero nome di Arisa, mentre ci scegliamo un posto al tavolo riunioni. È una ventisettenne di media altezza, più ragazzina dei suoi anni, in carne, bella pelle incipriata, forte somiglianza con Cappuccetto rosso.

«Impermeabilino nero alla mammina, pulloverino rosso, maglietta fantasia, jeans a palazzo, scarpe da ginnastica rosse con righe nere», elenca senza esitazioni con vocina nasale.

«Capelli neri a... ?».

«Caschetta, labbra col rossetto, fard ai pomelli, unghie laccate di rosso», dice senza farsi pregare e aggiunge: «Se fosse per me, andrei sempre in maschera. Mi sarebbe piaciuto nascere così, senza dovermelo fare. Mi piace essere una bambola. Non porto i capelli lunghi, perché sul mio corpo li vedo ordinari».

«Che intende per ordinari?».

«Banali. Non voglio vedermi troppo comune. Il mio desiderio è essere unica, far sorridere, esternare me stessa», dice con civetteria tutta sua e non spavalda.

«Come definirebbe il suo stile?», chiedo.

«Romantico, sognante, rétro. Io sono così».

«Con l’improvvisa ribalta sono venuti gli autografi, le interviste, ecc. Più fastidio o piacere?».

«Più piacere. Posso espletare una mia peculiarità: l’egocentrismo. Credo nella validità della mia persona e voglio trasferirla ad altri», dice e mi pianta gli occhi addosso dilatati dagli occhialoni enormi cerchiati di nero.

«Non sarà un palloncino gonfiato?».

«Certo, mi si può travisare. Ma al mio paese si dice: “Il torto rimane alla faccia di chi lo fa”».

«Deve il successo più alla canzone o al suo stile? Se l’avessero solo sentita e non vista in tv, avrebbe vinto?».

«C’è stata un’interazione, tra canzone, me e questo Sanremo».

«Nel 2009 è stato un Festival speciale?».

«Bonolis ha fatto un Sanremo aperto, con intermezzi comici che hanno permesso alla mia figura di inserirsi. C’erano tante cose bizzarre, tra cui me».

«È bizzarra?».

«Tradizionalista, il che oggigiorno appare una bizzarria. Sincerità piace perché è sincera. Io piaccio perché sono sincera. Il lavoro che ho fatto è stato col cuore ed è sincero».

«Lei canta, il suo fidanzato compone per lei. Amore o sodalizio aziendale?», maligno.

«Amo tantissimo il mio fidanzato. Ogni giorno gli chiedo: “Mi ami? Mi ami davvero? Mi sono montata la testa?”. Lui, che ha cinque anni di più, è la mia coscienza. Temo molto di tradire me stessa. Mi consulto anche con le mie sorelle. Dopo ogni intervista tv, chiedo: “Ero io?”. Se mi rispondono: “Sembrava che parlassi dal divano di casa”, mi tranquillizzo».

«È gelosa?».

«Molto. Io ci tengo alle mie cose. Penso di avere trovato in Giuseppe una persona unica al mondo e voglio tenerlo».

«Lo ama da molto?».

«Da prima che scrivesse le canzoni per me. Facevo l’estetista, lui il musicista. Allora, gli dicevo: “Fai un lavoro serio. Se ci sposiamo ci vogliono soldi”».

«Invece, ora?».

«Ho aspettato 26 anni per avere successo. Ora voglio battere il ferro finché è caldo. Questo voglio fare nella vita: l’artista. Cantare, scrivere. Perciò parlo tanto. Lo dica pure se eccedo».

«Concepisce il tradimento reciproco?».

«No. Se Giuseppe dovesse tradirmi soffrirei, ma lo ringrazierei per avermi fatto il regalo di capire che era la persona sbagliata. Se succedesse a me, be’ farei prima una telefonata», dice rabbuiata dai lugubri pensieri. Tace un istante e aggiunge: «Non ammetto il tradimento. Mi aspetto molto dagli altri. Per questo, non ho tante amiche. Tra le donne c’è competizione e manca la sincerità che amo».

«A quando il matrimonio?».

«Mah. Spero tra un paio di anni», dice con tono saggio.

«Perché aspettare? Ormai siete lanciati».

«È sicuro che siamo lanciati? Le cose si consolidano col tempo. Può ancora tutto finire con la stessa rapidità con cui è cominciato. Per sposarsi invece ci vuole serenità».

«Prevede di avere molti bambini?».

«Due. Uno alleato del papà, l’altro della mamma. Un maschio e una femmina», dice sicura come avesse la palla di vetro.

«Uno biondo e uno bruno», la prendo in giro.

«Tutti e due scuri».

«Come, lei che ha capelli nerissimi», dico.

«Li tingo, perché ho già cinque capelli bianchi. Ho preso da mio padre che li ha avuti presto».

«Com’è?».

«Ha lavorato tanto. Autista dei servizi comunali, accudisce l’orto, alleva maiali. Ha talmente sfacchinato che per me potrebbe avere i capelli a pois», dice così comicamente da strappare una risata anche a Giulia che interrompe per una volta il suo discretissimo silenzio.

Lei è di Pignòla, Lucania profonda, 900 metri di altezza.

«Sono meridionale doc. Il sole, la vendemmia, bere il vino insieme, andare al mare con la famiglia. Questo mi ha dato apertura e generosità. La campagna aiuta ad avere una visione limpida e libera dei valori».

A Pignòla scorre il Basento. Conosce «La tomba nel Busento», chi l’ha scritta e chi è sepolto nel fiume?

«Ci ho trovato un cane morto. Galleggiava. L’ho tirato fuori con un palo. Ma quello che dice lei, lo ignoro».

È una poesia di August von Platen, l’ha tradotta Carducci e nel fiume è sepolto Alarico re dei Visigoti.

«È sicuro? Una leggenda o verità storica?».

Storia romanzata.

(sbalordita e diffidente) «Davvero? Mi informerò».

Che libri legge?

«Non leggo libri ma riviste. Una è Glamour che ha servizi su gioielli e design. Mi piacciono le cose tangibili».

Quindi non ha un autore preferito?

«L’unico che conosca: Moravia. Ho letto La noia. Quando ho capito il concetto, ho smesso».

Mi spieghi.

«Ho sofferto di noia anch’io e mi sono identificata. Dicendo che la noia è mancanza di rapporto con le cose, Moravia ha soddisfatto la mia domanda. A quel punto non mi interessavano più le dinamiche del romanzo. È come se avessi un radar per le cose che mi servono».

Legge quotidiani?

«Pochi, per vedere se parlano di me».

Abortirebbe mai?

«Mai. Ma faccio anche in modo di non doverlo fare. Per tenermi lontana da una cosa brutta».

Caso Englaro: vita a tutti i costi o staccare la spina?

«Vita a tutti costi. C’è sopra Uno solo che decide della nostra vita».

È religiosa?

«Molto. Credo in Dio. Ma nella religione c’è troppa pompa. Dio, io lo sento dentro di me».

Va a messa?

«Non sempre».

Non sempre?

«Quasi mai. Solo alle feste, perché papà dice: “Chi viene con me?” e io ci vado per non farlo restare male».

Ha un orientamento politico?

«Non me ne importa proprio niente. Chiunque sia, si dia da fare».

Ha un artista modello?

«Voglio fare le cose da me. Non sono succube dei miti. Penso che siamo tutti eguali a questo mondo. Non voglio avere un mito per poi scoprire che il mio era un idolo di cartapesta. Amo le persone che si fanno da sé e che, diventate famose, si ricordano da dove vengono».

È il suo ritratto?

«Mi voglio bene. Che c’è di male?»

Carla Bruni o Orietta Berti?

«Orietta Berti. È molto mamma ed è sempre stata cantante. Non ha fatto come la Bruni: non ho più l’età per la modella, faccio la cantante. La musica è totalizzante o non è».

Lei del Sud, piace anche al Nord. Com’è?

(chiude le dita a carciofo scuotendo la mano per dire: «che ne saccio»?) «Sono una ragazza comune. A parte il look, una come me si trova dappertutto».

Piace addirittura ai giornalisti. La dicono buffa, fresca, sincera. Il segreto?

«Voglio piacere a me ed essere me stessa. In tv, molti diventano ricchi ma non facendo quello che gli piace. Io non voglio sedere su una montagna di soldi con uno specchio in mano e sputarmi in faccia».

Tutta d'un pezzo.

«Non vorrei tornare a fare l’estetista, ma se serve per la coerenza, torno. Si è più forti se non si scende a compromessi».

I suoi occhialoni esagerati sono un vezzo o...

«Lenti da vista (me le allunga perché verifichi). Ho l’1,50 di miopia e lo 0,05 di astigmatismo. Se mettessi degli occhialini sarei anonima. Con questi, non lo sono. A me, nelle persone colpiscono i particolari. Se no, le scordo».

Domanda di prammatica: c’è o ci fa?

«Mi piaccio e mi amo così. Mi trovo divertente. Mi guardo e mi faccio grasse risate».

Non recita mai?

«Mai. Se pare che reciti, è che sono nata per fare questo mestiere». Fonte:  IL GIORNALE