solariumTorino, 18 Settembre 2009 – Cliente ustionata dalla doccia agli ultravioletti. Chiude a Torino, in Via XX Settembre 69, il centro abbronzatura “Caraibi”; il centro, gestito dal figlio ventiduenne di un’estetista, era da poco stato rilevato dal ragazzo. I regolamenti regionali e comunali in vigore dal 2007 prevedono la presenza presso il centro abbronzatura, di un’estetista professionale qualificata. La funzione dell’estetista è di controllare i tempi di esposizione e calibrare la potenza delle macchine in base al fototipo del cliente, prevenendo gli effetti indesiderati dell’abbronzatura artificiale. Il centro abbronzatura, chiuso dopo la denuncia di una cliente rimasta ustionata dopo 15 minuti di doccia agli ultravioletti, era completamente fuori legge! Mancavano infatti: l’estetista incaricata di sorvegliare l’attività di abbronzatura artificiale; le tabelle specifiche di esposizione da consultare per decidere il tempo di esposizione in base al fototipo; le macchine erano fatiscenti; il tempo di esposizione previsto sulla doccia “incriminata” era troppo alto; l’irradianza prevista per la macchina superiore ai limiti previsti dalle norme di utilizzo per gli apparecchi abbronzanti. È chiaro, che un centro abbronzatura del genere era destinato ad essere “scoperto” ed entrare nel “mirino” di NAS e ASL e a giusta ragione! Il problema centrale nasce dal fatto che, per entrare nella “lista nera” dell’ASL, il centro ha prima dovuto rovinare la pelle di una giovane.  Si moltiplicano questi casi di negligenza in tutta Italia, creando confusione e diffidenza nel cliente finale. Spesso, chi apre centri di abbronzatura “usa” l’estetista come prestanome soltanto per la fase iniziale di richiesta dei permessi, ma questo è gravissimo e pericoloso, sia per il centro che rischia di “essere beccato”, che per l’estetista che si assume una responsabilità non controllabile da lei stessa, sia per il cliente finale che ignaro di tutto si sottopone alle macchine abbronzanti subendo queste negligenze. Queste negligenze, queste scappatoie, queste noncuranze, diventano la causa di ispezioni a tappeto e perdita di fiducia e professionalità di tutta la categoria. Denunciamo gli abusi e difendiamoci dal non-professionismo. di Chiara Medini