“In data 10 dicembre il TAR del Lazio ha depositato la sentenza n. 10269/2012, il cui testo si rimette per esteso, con cui ha rigettato il ricorso proposto da Confestetica, rubricato sub n. 8214/2011 RG, nei riguardi del famoso decreto interministeriale 110/2011.

Il TAR, che in un primo momento, vale a dire in occasione dell’udienza cautelare, sembrava avere condiviso le eccezioni sollevate dalla scrivente Associazione, ha poi cambiato il proprio orientamento, rigettando integralmente il ricorso con motivazioni, tuttavia, palesemente inconsistenti.

A questa sentenza si è giunti dopo il rinvio di giugno scorso, resosi necessario per la sostituzione del consigliere precedentemente inserito nel collegio giudicante, vale a dire il dottor Mario Alberto Di Nezza che, come già comunicato in precedenza, era stato oggetto di ricorso per ricusazione in quanto lo stesso aveva svolto la funzione di Capo di gabinetto del Ministero della Salute proprio durante il periodo in cui era stato adottato il provvedimento impugnato.

Orbene, in questo contesto, il TAR Lazio ha depositato la sentenza che ora si va a commentare, lasciando diverse zone d’ombra però nel percorso motivazionale che ha condotto al provvedimento in esame.

La Corte laziale non ha in primis condiviso l’eccezione di incompetenza in capo ai Ministeri ad emettere il provvedimento impugnato, motivandola nel senso di ritenere fondata la legittimazione delle amministrazioni centrali in virtù del disposto dell’art. 10 della legge 1/1990. Secondo il Giudice Amministrativo investito della questione, infatti, il regolamento in questione poteva essere adottato solo ed esclusivamente dai Ministeri a garanzia dell’uniformità della materia in tutta Italia.

A sostegno del proprio ragionamento, il TAR riporta anche delle pronunce della Corte Costituzionale che, tuttavia, non possono considerarsi calzanti. Vero è infatti che la facoltà di istituire nuove professioni è competenza dello Stato che, determina i principi generali con una propria legge quadro.

Trattandosi però di materia di legislazione concorrente, ai sensi del nuovo art. 117 Cost., i regolamenti (come il decreto in esame), sono di competenza esclusiva delle Regioni. Del resto, il TAR Lazio ha omesso di considerare, nella propria sentenza, il caso emblematico della regione Toscana che il collegio difensivo di Confestetica aveva opportunamente citato nel proprio ricorso.

La predetta regione, infatti, con una propria legge regionale ed un successivo regolamento, ha definito ogni questione riguardante la materia dell’estetica, arrivando addirittura a disapplicare nel proprio territorio la legge 1/1990!!! A ben vedere, la decisione sul punto del TAR sembra ancorata ad una Costituzione ante riforma del 2001, allorquando le competenze dello Stato e delle Regioni sono variate in virtù della legge costituzionale n. 3/2001.

Ancora più deprecabili sono le considerazioni del TAR con riferimento al merito del decreto che Confestetica aveva censurato, soprattutto con riguardo alla contraddittorietà e mancata prova circa la pericolosità dei macchinari che avevano determinato l’esclusione dall’elenco delle attrezzature utilizzabili dall’estetista di alcuni apparecchi ovvero il depotenziamento di altri.

Parimenti, appaiono deboli le osservazioni circa la violazione della normativa comunitaria eccepita dalla scrivente Associazione nel ricorso che ovviamente la Corte non ha condiviso.

Da evidenziare, poi, che in entrambi i casi, il ragionamento del TAR è stato preceduto da inutili digressioni circa la mancata contestazione, da parte di Confestetica, di due aspetti che non potevano essere oggetto di contestazione, come l’invio della bozza di decreto in esame alle competenti autorità Comunitarie, previsto dalla legge, e la concertazione con le associazioni (diverse da Confestetica) e i produttori di macchinari della stessa minuta del regolamento.

Appare lecito domandarsi per quale ragione, allora, il TAR Lazio non ha censurato o evidenziato l’assordante silenzio delle Amministrazioni resistenti che, di fatto, non hanno mai preso posizione su aspetti tanto rilevanti quanto emblematici del ricorso proposto e non hanno nemmeno presenziato, per il tramite dell’Avvocatura di Stato, all’ultima udienza tenutasi in data 25 ottobre 2012!!!

Il Tar del Lazio, però, ha ancora una volta omesso di prendere in considerazione aspetti importanti della fattispecie puntualmente evidenziati da Confestetica nel proprio ricorso, come ad esempio la contraddittorietà evidente del decreto 110/2011 nella misura in cui, ad esempio, vieta all’estetista di utilizzare macchinari che, però, sono presenti in commercio e venduti indiscriminatamente al pubblico, come il Philips Lumia. Questo macchinario, in virtù dello spettro di luce che copre, sarebbe “fuori legge” per l’estetista ma acquistabile (giacché non pericoloso) da chiunque!!! [ vedi alcune luci pulsate da supermercato]

E’ assurdo che questo apparecchio diventi all’imporvviso pericoloso solamente però in mano all’estetista!!! Ecco, di fronte a questo che è uno degli esempi più evidenti della contraddittorietà del decreto impugnato, il TAR ha avuto l’ardire di affermare che non vi sono nel decreto 110/2011 “ASPETTI DI MACROSCOPICA IRRAGIONEVOLEZZA”!!!

Ebbene, di fronte ad una pronuncia così resa non si può rimanere che allibiti in quanto il TAR del Lazio ha IRRAGIONEVOLMENTE trascurato aspetti fondamentali ovvero interpretato nella maniera più incomprensibile le norme costituzionali e legislative oggi (non nel 1990!!!) vigenti.

Confestetica, pertanto, non può rimanere inerte di fronte a questo che, a tutti gli effetti, appare un diniego di giustizia!!!

Con lo studio che sino ad ora ci ha seguito, pertanto, stiamo già predisponendo un atto di appello per impugnare la sentenza del TAR Lazio innanzi al Consi

glio di Stato, confidando che nel secondo grado di giudizio sia fatta giustizia non solo nell’interesse dell’Associazione ma di tutta quanta la categoria”.

 

senzenza decreto estetista

 

 

 

.