decreto estetista

Ci risiamo, dal 12 gennaio 2016 è entrato in vigore un altro decreto, il 206/2015, identico al precedente il 110/2011 già annullato con Sentenza del Consiglio di Stato passata in giudicato. Con questo decreto interministeriale, che non può assolutamente modificare la legge 4 gennaio 1990 n. 1, stanno tentando di togliere dalle mani dell'estetista gli attrezzi di lavoro per la pedicure e le tecnologie, che ha sempre utilizzato da oltre 26 anni per legge. In buona sostanza, con questo decreto vorrebbero determinare quali trattamenti dovrebbe fare l'estetista, dimenticandosi che quello che può fare l'estetista lo dice l'articolo uno ( 1 ) della legge 4 gennaio 1990 n. 1. Sembrerebbe un vero e proprio accanimento contro le estetiste, un vero atto di denigrazione conclamata da anni, contro un’intera categoria di professioniste, che è costituita da donne per il 99%. Nel 2014 il funzionario del Ministero dello Sviluppo Economico, ing. Vincenzo Correggia, deus ex machina nonché regista del primo decreto 110/2011, oggi annullato, porta a casa una clamorosa sconfitta, che evidentemente ha mal digerito. L’ing. Correggia Vincenzo non è l’unico regista a non saper accettare le sconfitte. Difatti, sopra di lui c’è un altro regista di questi decreti ed è il direttore del Ministero Gianfrancesco Vecchio, che incuranti del giudicato del Consiglio di Stato, che dice di rimuovere i limiti ingiustificati sulle apparecchiature dell’estetista, ripropongono il decreto 206/2015 entrato in vigore il 12 gennaio 2016 che è identico al precedente decreto 110/2011, già annullato, ed in barba alla sentenza, ripropongono gli stessi limiti presenti anche nel decreto precedentemente annullato. Si rimane alquanto sconcertati soprattutto dal comportamento dei due registi, i funzionari del Ministero, che sembra che evidenzino un risentimento personale per essere stati sconfitti da Confestetica, che ha ottenuto l’annullamento del loro decreto con Sentenza del Consiglio di Stato. Questo risentimento dei due funzionari del Ministero è stato evidenziato anche sul tavolo tecnico negli anni passati e sinceramente ci meraviglia come due funzionari della pubblica amministrazione fingano di non conoscere il combinato disposto degli art. 3 e 97 della Costituzione, ovvero il preciso obbligo per la pubblica amministrazione di svolgere la propria attività nel pieno rispetto della giustizia, evitando ogni discriminazione e arbitrio nell’attuazione dell’interesse pubblico. Questi due funzionari del Ministero hanno delle responsabilità molto grandi, visto che sono dipendenti pagati con soldi pubblici e che in 5 anni hanno dimostrato di aver prodotto due decreti fallimentari, visto che il primo è stato già annullato e per il secondo sarà richiesto l’annullamento al TAR. Non è certo il compito di Confestetica indagare come mai ci sia tutto questo interesse da parte di questi due funzionari del Ministero sui trattamenti estetici, molto probabilmente non saranno nemmeno i soli. Di certo sappiamo che imponendo limiti ingiustificati sulle tecnologie in uso da 26 anni all’estetista e togliendole i ferri del mestiere che ha sempre utilizzato, come ad esempio le sgorbie per effettuare anche una semplice pedicure, con motivazioni inesistenti, si crea un gravissimo danno a tutto il comparto delle estetiste e questo inevitabilmente favorirebbe i concorrenti diretti dell’estetista. Ricordiamo che quello dell’estetica è un mercato molto florido e ambito da molte categorie professionali, soprattutto sono ambiti i milioni di clienti che ogni anno si rivolgono all’estetista per effettuare dei trattamenti estetici.  Ogni anno, infatti, l’estetista effettua oltre cento milioni (100.000.000) di trattamenti estetici, in totale sicurezza. Non è che questo pacchetto clienti, fa gola a qualcuno che attraverso sistemi da vecchia repubblica, cerca di far fuori l’estetista? Stiamo chiedendo l'annullamento di questo decreto al TAR, ci serve anche un tuo piccolo o grande contributo clicca qui >>  Vediamo nel dettaglio come è nata la figura professionale dell’estetista. Tutto ebbe inizio quando in Italia per la prima volta nel mondo veniva riconosciuta per legge, la L.1/1990, la figura dell’estetista professionale
“L'attività di estetista comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti. Tale attività può essere svolta con l'attuazione di tecniche manuali, con l'utilizzazione degli apparecchi elettromeccanici per uso estetico, di cui all'elenco allegato alla presente legge, e con l'applicazione dei prodotti cosmetici definiti tali dalla legge 11 ottobre 1986, n. 713. Sono escluse dall'attività di estetista le prestazioni dirette in linea specifica ed esclusiva a finalità di carattere terapeutico.”
La legge del 1990 che regolamenta l’attività di estetista, attraverso un elenco allegato alla legge stessa, determina cosa può essere utilizzato dall’estetista e precisamente: “… tale attività può essere svolta … con l'utilizzazione degli apparecchi elettromeccanici per uso estetico” quindi la legge dice quali apparecchi può utilizzare l’estetista. Per la prima volta, dopo 20 anni e non dopo centoventi giorni come dice la legge, i Ministeri hanno emanato un elenco di apparecchiature, quasi identico a quello del 1990 facendo credere che tutto ciò che non è in quell’elenco non possa essere utilizzato dall’estetista. La legge, però, non dice questo, la legge dice esattamente il contrario e precisamente dice: “di aggiornare l’elenco degli apparecchi tenuto conto dell'evoluzione tecnologica del settore”. E non di mettere limiti ingiustificati, cosa che tra l’altro la sentenza del Consiglio di Stato del 2014 ha fermamente ribadito. Per capire meglio questa vicenda è doveroso contestualizzare il contenuto della legge dell’estetista nel tempo, ovvero andare indietro di 26 anni, al 4 gennaio 1990 e capire bene quale scenario c’era nel campo delle apparecchiature in quel momento.
Nel 1990 non esisteva la marcatura CE sui prodotti. Solo tre anni dopo, nel 1993 fu introdotta con la Decisione 93/465/CEE del Consiglio. Sempre tre anni dopo la direttiva 93/42/CEE individuava il dispositivo medico come uno strumento utilizzato in medicina per finalità diagnostiche e/o terapeutiche entrata in vigore in Italia con decreto legislativo 24 febbraio 1997, n. 46.
Quindi, il legislatore, nel 1990 ha predisposto un elenco di apparecchi estetici, statuendo cosa può usare l’estetista e non cosa non può usare. Il legislatore, con lungimiranza, si è perfino preoccupato dell’evoluzione tecnologica del settore, raccomandando i ministeri di tenerne sempre conto, insieme alla formazione degli operatori. Una legge come quella del 1990 ha permesso l’evoluzione ed il progresso del settore estetico in un modo senza pari, fino ai giorni nostri, o almeno fino all’avvento dei famosi decreti (quello del 2011 superato con sentenza del Consiglio di Stato e quello recente del 2016 al quale ci stiamo opponendo) che, invece, ne hanno bloccato la crescita e lo sviluppo, riportando il settore indietro di 20 anni. Alla luce di questi fatti, i ministeri dovrebbero comprendere che il decreto, così come concepito oggi, rispetto alla legge del 1990, risulta essere anacronistico ed inutile perché fin dal 1993 l’estetista utilizza già apparecchiature estetiche, diverse dal dispositivo medico, sicure perché chi le fabbrica prima di immetterle sul mercato deve certificarne la conformità e la sicurezza secondo le normative CE.
L’estetista è una figura professionale per la quale la legge ha previsto già nel 1990, con l’art.1, cosa può fare e cosa non può fare. Il decreto interministeriale, non è una legge, è solo l’attuazione di una legge, e nel nostro caso di specie, il decreto doveva servire per attuare l’art. 10 della L.1/90, ovvero determinare le caratteristiche tecnico-dinamiche delle apparecchiature. Invece, con questo decreto, i ministeri stanno tentando di includere o di escludere o di limitare le potenze di apparecchiature che l’estetista da 26 anni può utilizzare proprio in forza dell’art 1 della stessa legge 1/90.  Quindi, i Ministeri, invece di preoccuparsi di fare un decreto di attuazione dell’articolo 10, così come la legge stessa chiede, si stanno preoccupando di fare un decreto che stabilisca limiti per l’estetista quando fino ad oggi proprio la legge le ha permesso, per 26 anni, di lavorare, di crescere e di progredire sempre in piena sicurezza e sempre nel pieno rispetto della legge.
Per questi motivi, possiamo dedurre che il problema della sicurezza sulle apparecchiature estetiche, sia stato strumentalizzato, probabilmente, per favorire qualche altra categoria rispetto a quella delle estetiste. A dimostrazione di ciò risulta esemplare la pronuncia del Consiglio di Stato che ha annullato il decreto in quanto non ritiene giustificati i limiti imposti alle apparecchiature, anche perché il Ministero della Salute non ha fornito studi scientifici atti a dimostrare l’ipotetica pericolosità delle stesse. A seguito di tale sentenza il Consiglio Superiore di Sanità, nel 2015, ha espresso un ulteriore parere sulle apparecchiature delle estetiste, dove, però, ancora una volta, non è stato in grado di apportare studi scientifici a dimostrazione della tesi di pericolosità delle apparecchiature estetiche che l’estetista non dovrebbe utilizzare solo in via precauzionale. Quindi, il CSS prima dice che le apparecchiature sono pericolose, poi non è in grado di dimostrarlo, e per finire, ritiene, per tagliare la testa al toro, che sia meglio togliere le apparecchiature all’estetista, giusto così in via precauzionale. E’ giusto tutto questo? Stiamo chiedendo l'annullamento di questo decreto al TAR, ci serve anche un tuo piccolo o grande contributo clicca qui >>