Il 26 aprile 2023 ha segnato un'epocale discontinuità per il settore estetico italiano. Un limitato numero di medici, stravolgendo il convenzionale percorso professionale focalizzato su diagnosi e cura di patologie, ha avanzato una mozione al governo, avendo come primo firmatario un parlamentare di loro supporto. Tale mozione propone l'istituzione di un corso post-laurea per estetisti, tuttavia limitato solo a coloro che possiedono già una laurea in medicina, il tutto finanziato dallo Stato.

Questo audace tentativo non rappresenta la posizione del governo o della coalizione di centro-destra, ma piuttosto mette in luce le convinzioni personali del deputato che l'ha proposta per primo e di pochi altri che l'hanno appoggiata. Non si sono preoccupati delle inevitabili conseguenze che tale iniziativa potrebbe avere sul sistema sanitario nazionale, sull'equilibrio del mercato e, soprattutto, sui consumatori.

Contrasto tra proposta medica e intervento del governo

La contrarietà di questa iniziativa alle linee del governo o del centro-destra risulta evidente dalla pronta risposta del governo stesso, il quale ha proposto un disegno di legge fortemente divergente rispetto alla mozione presentata, e ciò soltanto pochi giorni più tardi. Aggiunge sorpresa al contesto il fatto che questo ristretto gruppo di medici, i cui interessi sembrano essere inclinati più verso il commercio che non la medicina, ha avuto l'audacia di sfidare apertamente il disegno di legge del governo.

Inoltre, l'arroganza di questi medici che si autodefiniscono estetici nel contestare una mossa del Governo solleva gravi dubbi sulla loro percezione della realtà e sulla loro consapevolezza del quadro legale e professionale in cui operano. Sembra che questo piccolo gruppo di medici abbia bisogno di una presa di coscienza riguardo alla realtà normativa e professionale, cosa che sembra non aver fatto dal 1977. Forse, l'ultimo intervento del Governo li aiuterà a capire la loro posizione e l'importanza del rispetto delle leggi e delle normative vigenti.

Riflessioni sullo sfruttamento delle risorse pubbliche

Quest'azione avventata solleva dubbi significativi su come questo limitato nucleo intenda utilizzare le risorse pubbliche nel settore sanitario. L'evidente inclinazione verso benefici personali a discapito del benessere collettivo è innegabile. Sarebbe auspicabile che queste entità di influenza, sebbene di dimensioni ridotte, riflettessero sul fatto che la società investe risorse cospicue nella formazione dei medici, i quali dovrebbero poi consacrarsi alla salute della popolazione, e non usare il titolo di medicina per esercitare la professione di estetista, soprattutto utilizzando fondi pubblici.

È impellente interrogarsi sulla misura della loro determinazione nel voler affermare una pretesa di dominio, convertendo la medicina in una mera attività commerciale rivolta al consumatore, offuscando la loro responsabilità di diagnosi e terapia delle malattie con attività di promozione commerciale pubblicizzata anche sui social media.

Sorgono interrogativi sulla potenziale correlazione tra la carenza di personale medico negli ospedali e l'ambizione di questo piccolo gruppo di medici di inoltrarsi nel settore commerciale dell'estetica, un ambito notevolmente distante da quello sanitario, in un audace esperimento di pseudo-medicalizzazione dell'estetica.

È inaccettabile che l'intero sistema sanitario italiano debba piegarsi alla volontà di questo ristretto gruppo di medici che mira alla commercializzazione di servizi fatti apparire come sanitari.

È confortante notare che la maggioranza schiacciante dei medici italiani, il 96%, rimane fedele al proprio impegno, dedicandosi con competenza e passione alla fondamentale professione della diagnosi e del trattamento delle malattie. Il gruppo ristretto di medici che si devia da questo percorso rappresenta solo il 4%, spinto da tre "società scientifiche" che oggi gestiscono scuole di estetica. Queste società, non volendo accettare o rispettare la legge che disciplina l'estetica, optano per percorsi formativi alternativi, al fine di formare medici per l'esecuzione di "tutte le prestazioni e i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano il cui scopo esclusivo o prevalente sia quello di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorarne e proteggerne l'aspetto estetico, modificandolo attraverso l'eliminazione o l'attenuazione degli inestetismi presenti".

La situazione diventa ancora più paradossale alla luce delle disposizioni italiane. Per i medici interessati all'estetica, esiste già una specializzazione universitaria statale in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica. Inoltre, l'estetica, che non ha alcuna capacità di curare malattie, non può mai essere categorizzata come medicina. Infatti, è una professione già regolamentata e disciplinata da una legge di 33 anni fa. Questo rende ancor più incomprensibile l'aspirazione di questi medici di volersi avvicinare all'estetica tramite un corso per estetisti, creando disordine in un panorama professionale già chiaramente delineato.

Analisi Storica e Legale: la Continua Battaglia per l'Integrità del Settore Estetico

È fondamentale inserire questa vicenda in un contesto storico più ampio, che affonda le sue radici nel lontano 1975. Fu in quell'anno che un piccolo gruppo di medici, sostenuto da un movimento culturale, iniziò a costruire un contesto di interpretazione, distorcendo il significato vero dell'estetica. Essi imposero nel tessuto sociale l'idea che potesse esistere una specie di 'estetica medicale'. Nonostante il caos e i ritardi legislativi generati da questo movimento, il legislatore riuscì a mantenere lucidità e non cadde nella trappola cognitiva. Nel 1990, la legge ha chiaramente stabilito che l'estetica non ha scopi medici o terapeutici, in aperto contrasto con le affermazioni di questo gruppo di medici, che attualmente cerca nuovamente di manipolare il legislatore.

Il dilemma fu risolto una volta per tutte dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 245 del 15 maggio 1990. La Corte delineò con precisione che la professione estetica, a causa dei “gravi pericoli per la clientela che essa comporta quando sia esercitata senza la necessaria preparazione teorico-pratica, hanno indotto il legislatore a intervenire con una disciplina che, da un lato, prevede condizioni severe di accesso alla professione, dall'altro, impone a livello nazionale standards minimi di preparazione e di valutazione dei candidati.”

Nonostante queste chiare delucidazioni, il ristretto insieme di medici in questione persiste nel suo atteggiamento, causando una significativa preoccupazione. Essi continuano ad offrire trattamenti estetici senza le indispensabili autorizzazioni e competenze richieste dalla legislazione sull'estetica, che esplicitamente afferma che non è permesso esercitare tali attività a chi non sia iscritto al registro delle imprese.
Nonostante l'evidente insuccesso di questo piccolo gruppo di medici, che per oltre un quarto di secolo (dal 1975 al 1990) hanno aspirato a una legge che li riconoscesse come esperti in estetica. Tuttavia, il legislatore ha chiarito che non rientrano nell'ambito dell'estetica, definendo chiaramente una professione regolamentata dallo Stato. Da una parte, la legge ha già stabilito la figura professionale nell'ambito estetico, e dall'altra, nessun trattamento estetico può essere classificato come medico o terapeutico, poiché l'obiettivo è puramente estetico e non di cura di malattie.

Manipolazione dell'immagine dell'estetica e pericolo del framing

Pur non avendo mai ottenuto una legge che regolamentasse l'estetica nel campo medico, questo piccolo gruppo di medici non ha mai smesso, per più di mezzo secolo, di manipolare l'immagine dell'estetica con un pericoloso espediente. Da anni, si assiste a un tentativo molto pericoloso che ha permeato la società a tutti i livelli, sfruttando la tecnica del "framing". Il "framing", in psicologia e nelle scienze sociali, si riferisce a un metodo di manipolazione dell'informazione o della percezione di un argomento per influenzare l'opinione o il comportamento del pubblico. Si tratta essenzialmente di "incorniciare" un'idea in un contesto che modifica la sua interpretazione.

In questa specifica situazione, questi medici hanno adoperato il "framing" per manipolare la percezione dell'estetica, ingannevolmente convertendola in "medicina estetica". Tale processo ha generato una distorsione nella comprensione del pubblico, offuscando la linea di demarcazione tra il dominio della medicina e quello dell'estetica.

Nell'ambito della comunicazione, il "framing" si riferisce all'atto di proporre un'argomentazione o un'idea in una determinata prospettiva per influenzare l'interpretazione del pubblico. È una strategia che può essere sfruttata per manipolare l'interpretazione dei dati. In questo caso particolare, questi medici hanno tentato di "incorniciare" il tema in modo tale da far apparire l'estetica come un ramo di specializzazione medica, tentando in tal modo di legittimare le loro attività estetiche non autorizzate.

Distorsione del concetto di "Medicina Estetica" nei Media e nella Società

Quest'approccio ha trovato terreno fertile nei media, i quali, attratti dal prestigio presunto, dal sensazionalismo, dalla novità e, in alcune occasioni, dalla mancanza di comprensione, persistono nel diffondere l'ossimoro della "medicina estetica". Questo accostamento di parole non è solo grammaticalmente inappropriato e privo di fondamento legale, ma esprime l'ignoranza di chi lo utilizza, alimentando una visione distorta dell'estetica e del suo posto nel panorama medico. L'ossimoro ha raggiunto tutti e ha permeato ogni livello della società. Questo rappresenta una situazione di grande gravità.

In una circostanza che confina con l'assurdo, si osserva come questa distorsione informativa abbia penetrato persino 12 dei 106 ordini dei medici italiani. Questi ordini hanno iniziato a istituire registri chiamati "medicina estetica", un termine linguistico paradossale e fuorviante. Tale iniziativa sembra ignorare totalmente il mancato rispetto delle normative vigenti sull'estetica. Tra i criteri di ammissibilità per l'iscrizione a questi registri, è contemplata la possibilità di aver frequentato una scuola non riconosciuta dallo Stato, gestita da quelle stesse scuole di estetica che, dal 1975, non hanno mai voluto accettare la chiarezza normativa né il dovere di rispettarla.

La questione si complica ulteriormente se si prende in considerazione la recente modifica all'articolo 76, con l'aggiunta dell'articolo 76 bis, del codice deontologico del medico. Quest'ultimo contiene una dichiarazione concettualmente e linguisticamente contraddittoria: "il medico, nell’esercizio di attività diagnostico-terapeutiche con finalità estetiche...". Questa formulazione sembra erroneamente unire le attività diagnostico-terapeutiche, che presuppongono la rilevazione e il trattamento di una malattia, con finalità estetiche, che non implicano nessun aspetto terapeutico. Tale contraddizione necessita di un'elucidazione e di una correzione, al fine di rispettare la vera natura sia della professione medica che dell'attività estetica.

Implicazioni fiscali e deontologiche della distorsione del mercato estetico

L'attuale contesto solleva gravi dubbi riguardanti la trasparenza fiscale e la corretta concorrenza nel settore estetico. Quando i servizi estetici vengono presentati come servizi medici, si verifica un notevole evasione dell'IVA, che sfugge al controllo dello Stato e delle sue autorità di monitoraggio. Questo perché tali servizi vengono forniti in modo non conforme alle normative, all'interno di studi medici piuttosto che nelle strutture previste dalla legge, ossia le imprese estetiche. Infatti, le normative vigenti vietano di svolgere quest'attività a soggetti non iscritti al Registro delle Imprese.

Tali imprese sono infatti l'unico luogo autorizzato dallo Stato per l'erogazione di trattamenti estetici. Per operare, devono essere in possesso dell'abilitazione estetica, dell'autorizzazione comunale specifica, devono obbligatoriamente iscriversi al Registro delle Imprese (e non a un improprio registro di "medicina estetica"), devono disporre di un registratore di cassa telematico collegato con l'Agenzia delle Entrate e devono pagare l'IVA.

Di conseguenza, la distorsione attuale del mercato non solo favorisce un'evasione fiscale, ma genera anche una competizione sleale nel settore dell'estetica, penalizzando quelle imprese che rispettano le norme. Il rispetto del quadro legislativo e fiscale garantisce un ambiente commerciale equo e protegge i diritti dei consumatori, ed è quindi fondamentale che vengano prese misure efficaci per affrontare queste gravi problematiche.

L'importanza del rispetto delle norme e dell'intervento delle istituzioni

È sorprendente e allo stesso tempo allarmante notare come numerosi medici, che si definiscono "estetici", si trovino su TikTok, la famosa piattaforma di social media, in palese violazione dell'articolo 56 del codice deontologico medico. Quest'ultimo sostiene che "la pubblicità sanitaria informativa, indipendentemente dal mezzo attraverso il quale viene diffusa, deve rispettare le forme e i contenuti che si attengono ai principi della professione medica, dovendo essere sempre veritiera, precisa, pertinente e mai ambigua, ingannevole o denigratoria".

È sconcertante che questi medici sembrano agire più come imprese estetiche che come professionisti del settore sanitario, come dimostrato dai contenuti altamente commerciali dei loro video. Questo fenomeno non si limita a TikTok, ma si propaga anche ad altre forme di pubblicità e promozione, quali sponsorizzazioni sui motori di ricerca, brochure e vari altri canali pubblicitari, giornalistici e televisivi. Tale comportamento non solo viola l'etica medica professionale, ma può anche indurre in errore i consumatori, distorcere la concorrenza nel settore dell'estetica e, non da ultimo, infrangere le leggi che regolamentano appunto l’estetica e le regolamentazioni sulla pubblicità sanitaria.

Questa situazione mette in rilievo come la distorsione del linguaggio e del pensiero possa causare ripercussioni reali e inquietanti. Nel corso degli anni, la questione è stata chiarita non solo dall'autorità della Corte Costituzionale, ma anche da quelle della Corte di Cassazione, del Consiglio di Stato e della Corte di Giustizia Europea. Tutte queste istituzioni hanno confermato inequivocabilmente che l'attività estetica non può avere finalità curative, smascherando ripetutamente gli sforzi mal concepiti di questo piccolo gruppo di medici che tentano di medicalizzare l'estetica attraverso tecniche di framing, ormai ben conosciute.

Infine, è importante ricordare il Regolamento Europeo 2017/745 che governa i dispositivi medici. Questo atto legislativo europeo, nell'Allegato XVI, ha chiaramente stabilito che tutti quei dispositivi attualmente utilizzati per eseguire trattamenti estetici non devono essere classificati come dispositivi medici. Questo è perfettamente in linea con ciò che il legislatore italiano aveva già determinato come dispositivi estetici nel lontano 1990. Tuttavia, nel corso degli anni, attraverso abili manipolazioni a vari livelli, si è tentato di far credere che questi fossero dispositivi medici, paradossalmente utilizzati poi per erogare trattamenti puramente estetici.

In un'epoca contrassegnata da distorsioni informative, è fondamentale mantenere un punto di vista critico, rispettando la legge e, soprattutto, salvaguardando l'integrità del mercato e la salute pubblica. Questi ultimi non possono essere messi a rischio da manipolazioni che, per una sorta di omertà, non vengono mai debitamente censurate.

Riflessioni Finali: la Necessità di Azioni Decisive per la Corretta Regolamentazione del Settore Estetico

In conclusione, la priorità fondamentale è assicurare il rispetto delle norme esistenti nel settore estetico. Non possiamo più ignorare la critica situazione attuale: una supremazia insostenibile che ha creato una distorsione del mercato e ha promosso una concorrenza sleale. Queste azioni indebite sono riuscite a monopolizzare il mercato attraverso l'uso abile di tecniche di framing, distorcendo la comprensione pubblica di cosa dovrebbe realmente essere un trattamento estetico.
È richiesto l'intervento immediato, fermo e risoluto delle istituzioni per terminare queste manipolazioni e abusi che turbano il mercato. Il settore sanitario italiano deve affrontare queste violazioni e intraprendere misure energiche per eliminare tali pratiche fraudolente.

Le istituzioni sono chiamate ad agire senza indugi per salvaguardare la trasparenza del mercato, prevenire la diffusione di informazioni ingannevoli e garantire l'attuazione delle leggi per proteggere i professionisti integri e i consumatori.
È giunto il momento di mettere fine a queste pratiche inappropriate, ripristinare l'ordine e la giustizia nel settore dell'estetica e garantire che i cittadini possano affidarsi a servizi forniti da professionisti competenti e rispettosi delle leggi. Non possiamo più accettare ulteriori manipolazioni del sistema: agiamo subito per proteggere l'integrità del settore estetico.

L'espressione "medicina estetica", oltre ad essere un ossimoro e un errore grammaticale che riflette l'ignoranza di chi lo utilizza, specialmente nei contesti mediatici e pubblicitari, non ha alcuna base scientifica o legale. Infatti, si configura come un esercizio non autorizzato della professione estetica.

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