L'ex premier Giuseppe Conte
L'ex Premier Giuseppe Conte

L’Associazione dura con il Governo: «L’igiene di un uomo è irrinunciabile, quella di una donna per loro non lo è»

BRESCIA (bco) «La cura e il trattamento dei capelli e della barba da parte degli acconciatori corrisponde ad un bisogno e ad una esigenza di cura, anche igienica, della persona ben più essenziale e irrinunciabile rispetto al miglioramento dell’aspetto estetico generale».

Quella che potrebbe sembrare una frase (ben scritta, ci mancherebbe!) pronunciata al bar tra amici mentre si beve una birra discutendo del niente, è invece l’argomentazione dell’Avvocatura di Stato messa nero su bianco dinnanzi al Tar del Lazio in merito al ricorso presentato da Confestetica contro la Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero della Salute (non costituiti in giudizio) per l’annullamento dei Dpcm, che a loro modo di vedere contengono forti elementi di «discriminazione di genere», in quanto con la chiusura dei centri estetici in zona rossa (a differenza di barbieri e parrucchieri) il concetto che passa è il seguente: «Le donne non hanno diritto alla loro igiene personale, gli uomini sì!».

Se poi a queste gravi affermazioni si aggiunge il fatto che nel corso di un’audizione informale «l’avvocato del premier Giuseppe Conte (ormai ex primo ministro, ndr ) ha di fatto sostenuto che i centri estetici sono delle attività molto peculiari dove spesso c'è una commistione con delle attività poco chiare dove spesso si esercita anche la prostituzione», l’intera vicenda assume contorni allucinanti. La frase incriminata, pronunciata dall’avvocato De Bonis, presentatosi in sostituzione del collega Fe deli, è stata confermata da uno dei due difensori di Confestetica, Maria Camporesi di Rimini e riportata nel comunicato dell’Associazione nazionale maggiormente rappresentativa del settore (ad oggi conta 20.631 estetiste iscritte e certificate e 24.926 centri estetici). Affermazioni assolutamente da condannare, contro le quali il presidente del Tar Antonino Savo Amo dio è immediatamente intervenuto «ammonendo il collega», ha aggiunto il legale di Rimini (rimasta basita da tali dichiarazioni), che sta seguendo il processo amministrativo insieme all’avvocato Ugo Luca Savio De Luca di Roma.

Duro attacco al Governo

«Ottantamila estetiste, oneste lavoratrici, non accettano che l’Avvocatura della Presidenza del Consiglio consideri l’estetista una prostituta e non lo accettano nemmeno le tredici milioni di donne che si affidano da sempre alla loro estetista di fiducia - si legge nel comunicato firmato dal segretario generale dell’associazione Confestetica, Roberto Papa - A giustificazione della chiusura dei centri estetici in zona rossa, sono state riportate solo motivazioni irricevibili e altamente offensive, denigratorie, discriminatorie e sessi ste».

La vicenda giudiziaria

È da mesi che le estetiste e la categoria di riferimento si stanno facendo sentire per chiedere spiegazioni in merito a questa scelta del Governo. Proprio per questi motivi l’Associazione aveva impugnato davanti al Tar del Lazio i primi due Dpcm del 3 novembre e del 3 dicembre (entrambi decaduti nelle more) e successivamente con motivi aggiuntivi anche l’ultimo, quello del 14 gennaio. Confestetica aveva richiesto un provvedimento d’urgenza per entrambi i ricorsi ex articolo 56 (misure cautelari), ma il presidente del Tar del Lazio con decreto ha respinto l’istanza cautelare (sospensione dell’ultimo Dpcm), fissando per la trattazione collegiale la Camera di Consiglio che si terrà mercoledì 10 febbraio.

Le frasi incriminate

Per il secondo ricorso, «il presidente del Tar aveva richiesto l’a udizione informale dell’avvocatura dello Stato chiedendo spiegazioni di tali chiusure dei centri estetici in zona rossa - si legge nel comunicato stampa di Confestetica - Le audizioni informali si sono svolte il 21 gennaio e il 26 gennaio. Nella prima l’avvocato De Bonis, come giustificazione, ha parlato della commistione con delle attività poco chiare dove spesso si esercita anche la prostituzione. Lo stesso presidente del Tar lo ha ripreso e l’avvocato ha ritirato tale difesa, rimanendo senza giustificazioni».

In quella del 26, invece, si è presentato l’avvocato Fedeli che «di fatto ha sostenuto che l’igiene di un uomo è irrinunciabile e quella di una donna no», si legge ancora nel comunicato dell’Associazione delle estetiste.

Anche qui il presidente del Tar ha fatto presente che i documenti erano troppo pochi e per questo lo stesso ha intimato di produrre entro sette giorni (il 2 febbraio, ndr) i documenti idonei a comprovare la chiusura dei centri estetici in zona rossa citati nell’ultimo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 14 gennaio: il verbale del Comitato tecnico scientifico numero 144 del 12 gennaio e le Osservazioni Tecniche inviate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano del 14 gennaio.

Nel frattempo, l’Avvocatura di Stato ha depositato i documenti richiesti dal Tribunale amministrativo regionale, «i quali, però, risultano essere completamente inconferenti (nessun rapporti diretto, ndr) con la chiusura dei centri estetici in zona rossa - si legge nell’ultimo comunicato stampa dell’associazione, inviato direttamente alla nostra redazione nella giornata di mercoledì - Tanto è vero che in essi vengono citate le linee guida per gli impianti di risalita sciistica, l’attività motoria di base, le procedure per lo sci alpino, ritorno a scuola in presenza nelle città metropolitane, rifiuto vaccinale degli operatori sanitari, piano pandemico influenzale, rientro dei lavoratori post test. Di contro, si rileva che sia il Cts, sia l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), sia l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (Inail) e sia tutti i Dpcm al 3 novembre, non hanno mai discriminato tra parrucchieri ed estetiste, in quanto sono stati sempre ricompresi nella stessa categoria, così come si legge anche nei protocolli di sicurezza anti-contagio approvati prima dalla Conferenza Stato/Regioni e poi trasfusi nei Dpcm stessi».

di Simone Bracchi

 

Angelica Pippo

La missiva è firmata da Angelica Pippo, presidente nazionale della categoria

Una lettera aperta all’ormai ex premier Giuseppe Conte «Un mero errore, risolva questa incresciosa situazione»

BRESCIA (vsf) La lettera aperta indirizzata all’ormai ex presidente del Consiglio G iuseppe Conte è firmata da Angelica Pippo, titolare di un centro estetico a Rimini e presidente nazionale di Confestetica, ma rispecchia il pensiero di tante estetiste bresciane, che hanno deciso di condividerla attraverso i social per dare voce alla frustrazione di un intero settore messo a dura prova dalla pandemia e soprattutto dalle norme anti-Covid.

Nella lunga missiva, la professionista ripercorre la giornata tipo di un’estetista, affiancando al lavoro in cabina tutto il sostrato emotivo che ad esso si accompagna. «Sarà una lunga giornata, ma quante vite incontrerò oggi, quanti segreti mi verranno confessati, quante persone dovrò consolare, quante cose tristi dovrò ascoltare - si legge - Ma quanti annunci fantastici mi faranno oggi, chi si sposa, chi è rimasta incinta, chi ha trovato il fidanzato, chi ha vinto il concorso, chi ha vinto il cancro. In mezzo a tutto questo le mie mani faranno una cosa e le mie orecchie un'altra. Le mie mani si prendono cura delle persone e della loro igiene, e le mie orecchie ascolteranno. Tutto il giorno nel vortice della vita delle persone».

Nella lettera si ribadisce la funzione dell’estetista al servizio del benessere delle persone. «Che bel lavoro che faccio, aiuto le persone a stare bene - hanno sottolineato - E quando stanno bene diventano straordinarie anche le loro vite! Eppure, io sono "solo" un'estetista!»

Per questo è stato particolarmente svilente, per chi svolge questo lavoro come una missione, ascoltare le parole con cui gli avvocati della Presidenza del Consiglio hanno giustificato la scelta di chiudere i centri estetici in zona rossa. «Davanti al presidente del Tar Antonino Savo Amodio sono arrivati a dire che nei centri estetici c’è una commistione con la prostituzione e ancor peggio che la cura e l’igiene di un uomo è più essenziale e irrinunciabile di quello di una donna. Questo mi ha davvero amareggiata, offesa e profondamente delusa», ha precisato la presidente nazionale di Confestetica. «Illustrissimo presidente, io la stimo moltissimo e sono certa che aver chiuso i centri estetici in zona rossa e aver lasciato aperti i parrucchieri, che eseguono gli stessi trattamenti, così come disposto dalle leggi professionali di settore, sia stato un mero errore e proprio per questo le chiedo di risolvere all’istante questa incresciosa situazione, usando la sua saggezza, sensibilità e fermezza che la contraddistingue - ha aggiunto - Inoltre le persone hanno la loro estetista di fiducia da molti anni in altri comuni limitrofi e in zona arancione non sarebbe consentito lo spostamento per raggiungerla. Anche qui le chiedo di ascoltare il suo cuore e la sua sensibilità: ci sono elementi che vanno ben oltre l’aspetto burocratico, stiamo parlando di attività che si occupano della cura e dell’igiene della persona, non siamo un ferramenta, che se è presente nel proprio comune posso comprare i bulloni».

La lettera della presidente nazionale condensa il grido di tante professioniste che chiedono maggiore rispetto per il lavoro che svolgono e, soprattutto, gli stessi diritti dei colleghi di altri settori nell’ambito della cura della persona.

 

Stefania Facchinetti
titolare di un centro estetico a Erbusco e
madre di tre figli, come tante colleghe
ha accolto con sgomento le parole con
cui l’Avvocatura della Presidenza del
Consiglio ha difeso la scelta di chiudere
i centri estetici in zona rossa

La testimonianza di una giovane professionista erbuschese che è anche mamma di tre figli 

«Come ci può essere un tale maschilismo?» 

ERBUSCO (vsf) Per gli uomini prendersi cura della barba e dei capelli risponde a un bisogno essenziale e irrinunciabile, molto più che depilarsi o sottoporsi a un trattamento estetico per le donne. Sarebbe questa, in poche parole, la tesi su cui la Presidenza del Consiglio dei ministri si è basata per difendere la decisione di chiudere i centri estetici in zona rossa, lasciando invece aperti barbieri e parrucchieri. Una «discriminazione» incentrata sul genere che appare davvero assurda e inaccettabile in una società civile e che ferisce le tante professioniste, nella stragrande maggioranza dei casi donne, che operano nel settore dei centri estetici.

Nel Bresciano tante professioniste hanno accolto con profonda amarezza le spiegazioni del Governo. Difficile, infatti, accettare una visione così arretrata a fronte dei sacrifici quotidiani fatti ogni giorno per portare avanti quelle che sono, a tutti gli effetti, delle piccole imprese, conciliando magari l’attività lavorativa con gli impegni famigliari.

«Non so come nel 2021 ci possa essere un maschilismo del genere, parlano di igiene personale di un uomo e di farsi la barba come necessità (la barba sono peli del viso), e invece i peli delle donne (viso e corpo) non sarebbero igiene personale e quindi non necessarie - ha commentato Stefania Facchetti, titolare di un centro estetica a Erbusco - Obiettivamente è maschilismo perché si parla della stessa cosa, ma se fatto agli uomini va bene, se fatto alle donne no. Poi insinuano la prostituzione nel nostro lavoro. In ogni categoria (badanti, insegnanti, carabinieri, politici) ci sono le cosiddette "mele marce", ma come possono infangare un’intera categoria di lavoratrici, molte delle quali madri, e paragonarla alla prostituzione?». Parole che fanno riferimento a un intervento fatto da uno degli avvocati in Camera di Consiglio, che avrebbe insinuato la commistione dei centri estetici con attività poco chiare in cui si esercita la prostituzione. «Solo gli uomini posso abbinare la parola estetista alla prostituzione, perché qualunque donna, pensando alla propria estetista, pensa a tutt'altro - ha precisato - Pensa a una lavoratrice, a una confidente a un’amica, perché il nostro lavoro non è solo un fisico, ma sappiamo ascoltare, consigliare e coccolare al nostro meglio le clienti, facendole sempre sentire a loro agio».

Per Stefania Facchetti, madre di tre figli, è inaccettabile che la decisione di chiudere i centri estetici in zona rossa si sia basata su tali presupposti. «Sono basita, a pagare le tasse abbiamo gli stessi obblighi delle attività prettamente maschili ma per i diritti siamo discriminate - ha aggiunto - Questo purtroppo non accade solo alla nostra categoria, ma in generale nel mondo del lavoro. Queste parole dette da chi ha potere decisionale sono assurde, parliamo tanto dell'Oriente e della discriminazione delle donne ma alla fine lo fanno anche con noi, apertamente e lo dicono "a voce alta" con prepotenza!».

 

 

 

«Fin dall’inizio c’è stata discriminazione ma ancora non se n’è capito il motivo»

PALAZZOLO SULL'OGLIO (bdh) La speranza delle operatrici del settore è che, nel caso di una futura zona rossa, si tenga conto del ricorso presentato da Confestetica e si ripensi alla scelta effettuata nei precedenti Dpcm, che obbligano i centri estetici a chiudere i battenti al contrario di parrucchieri e barbieri. 

A dire la loro sono state, ancora una volta, le professioniste del centro Easy Chic di Palazzolo, che a novembre, con l’ingresso della Lombardia in zona rossa, avevano lanciato un messaggio provocatorio tramite la loro pagina social, puntando a reinventarsi «parrucchiere per vagine». Il tema, fin dall’inizio, è sempre stato quello della discriminazione tra parrucchieri/barbieri ed estetiste che, nonostante le distinzioni nel tipo di lavoro, hanno lo stesso codice ateco e operano in modo simile.

«Penso che un ricorso al Tar fosse la cosa più sensata che si potesse  fare, perché fin dall’inizio la chiusura dei centri estetici in zona rossa,  mentre barbieri e parrucchieri sono sempre rimasti aperti, è stata una discriminazione totale - ha spiegato  Claudia Facchetti, titolare nel centro di Palazzolo, insieme alle di- pendenti Ilaria Lancini e Angelica  Gatti - Non c’è un senso logico, un filo conduttore che possa portare a capire come mai il centro estetico  non possa lavorare, e invece il parrucchiere sì». 

 

Le estetiste Claudia Facchetti, Ilaria Lancini e
AngelicaGatti del centro Easy Chic
di Palazzolo sull’Oglio

In questi mesi si sono sentite argomentazioni assurde, che cerca- vano di giustificare la scelta del Governo centrale. «Una tra le tante giustificazioni è stata motivata con il fatto che, secondo qualcuno, i centri estetici non abbiano le finestre per areare gli ambienti, quando invece, per esempio, il mio centro estetico ha un impianto di aerazione e di  ricircolo d’aria come quello dei centri commerciali, che l’aria la purifica  anche - ha continuato - Effettiva- mente l’unica conclusione cui si  può arrivare in questo momento è il fatto che ci sia una discriminazione di sesso alla base: perché è ritenuto  più importante il taglio della barba e dei capelli dell’uomo, rispetto alla cura della donna, che invece non è stata presa in considerazione».

Tutte le clienti hanno dimostrato solidarietà nei confronti delle professioniste e sono rimaste allibite dalla decisione del Governo, che nemmeno a gennaio, con il nuovo Dpcm, ha modificato la sua posizione in merito ai centri estetici in zona rossa. «Ci auguriamo che di questo ricorso si possa tener conto in futuro e che nella prossima zona rossa (che speriamo comunque non ci sia) possa cambiare qualcosa nei nostri confronti - hanno concluso - Speriamo». 

di Chiara Balducchi

 

 

Un frame del cortometraggio girato da Confestetica
per raccontare la giornata tipo di un’estetista
Per vedere il video, clicca sull'immagine

A gennaio la Lombardia è finita nella fascia di rischio di massima gravità per errore

Da novembre a oggi l’apertura a singhiozzo è stata penalizzante

BRESCIA (vsf) Dopo i mesi di chiusura nella prima ondata della pandemia i centri estetici avevano ripreso a lavorare regolarmente, nel pieno rispetto delle norme anti-contagio. Per le tante professioniste che operano in un settore imprenditoriale prevalentemente femminile, è stato particolarmente difficile ritrovarsi a lavorare a singhiozzo anche nella seconda ondata.

La decisione del Governo di prevedere la chiusura dei centri estetici in zona rossa ha fermato più volte l’attività dei saloni di bellezza lombardi (per quasi tutto il mese di novembre, in periodo natalizio nei giorni prefestivi e dal 17 al 24 gennaio per un errore di calcolo): una scelta che ha comportato, oltre a difficoltà oggettive di programmazione, grosse perdite in termini di fatturato.

Già a novembre molte estetiste bresciane avevano denunciato l’incoerenza delle norme in vigore, che permettono a parrucchieri e barbieri di aprire regolarmente in zona rossa e «discriminano» invece i centri estetici, nonostante tutti i saloni si siano organizzati per garantire il distanziamento e la massima sicurezza della clientela.

È in questo contesto che si inserisce il ricorso al Tar del Lazio presentato da Confestetica.

 Cofestetica ringrazia tutta la redazione di ChiariWeek, del gruppo Netweek che si sono occupati del caso, un ringraziamento particolare a Chiara Balducchi e Simone Bracchi - Grazie di cuore da tutte le esteiste -

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